Il gip ha revocato gli arresti domiciliari disposti martedì per i deputati regionali siciliani Nino Dina e Roberto Clemente e per l’ex parlamentare Franco Mineo. Per il giudice, oltre a essere cessate le esigenze cautelari – i fatti contestati sono del 2012 -, ci sarebbe stato un errore nella contestazione del reato. Gli indagati erano accusati di corruzione elettorale. Il giudice – lo stesso che due giorni fa aveva disposto i domiciliari – ha sostenuto, secondo quanto riferito dai legali dei 3 politici, che la norma chela Procura avrebbe dovuto contestare loro, non è quella prevista dalle legge nazionale del ’57, ma da una legge regionale del ’70. Una differenza non da poco visto che la legge nazionale prevede una condanna fino a 4 anni di reclusione e, quindi, la possibilità di disporre la custodia cautelare, mentre quella regionale disciplina un reato punito fino a tre anni, quindi incompatibile con l’applicabilità del carcere o dei domiciliari. Sulla richiesta dei legali degli indagati di revocare la misura per la cessazione delle esigenze cautelari si è espressa favorevolmente anchela Procura. Restano ai domiciliari, invece, l’aspirante consigliere comunale Giuseppe Bevilacqua e il finanziere Leonardo Gambino, accusati anche di corruzione. Secondo gli inquirenti Bevilacqua avrebbe messo a disposizione il suo pacchetto di voti a Dina, Clemente e Mineo in cambio di finanziamenti per le proprie società e incarichi per alcuni familiari. Bevilacqua, infine, avrebbe anche chiesto voti alla famiglia mafiosa di Tommaso Natale promettendo, in cambio, posti di lavoro.
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