(AGI) – Glasgow, 21 mar. – La continua ricerca porta a scoprire nuove terapie sempre piu’ mirate e "cucite" sulle pazienti con tumore al seno e in grado, per questo, di essere molto piu’ efficaci e con un risparmio di risorse anche economiche non indifferente grazie a una migliore appropriatezza: il farmaco giusto alla paziente giusta. Ma tutto questo deve essere anche valutato, da parte degli oncologi, rispetto all’esperienza di tutti i giorni. Questo uno degli argomenti che sono stati affrontati dagli oncologi al Congresso europeo sul tumore al seno (EBCC). Una delle terapie al centro del dibattito e’ il T-DM1. Questa molecola combina due agenti anti-tumorali: l’anticorpo monoclonale inibitore di HER2 trastuzumab e l’agente chemioterapico DM1. DM1 e’ una chemioterapia molto potente scoperta circa 40 anni fa ma che non e’ mai stata utilizzata a causa della sua alta tossicita’ che non le permetteva di essere somministrata per via endovenosa. Ora, grazie alla ricerca biotecnologica si e’ riusciti a legarla attraverso un "link" all’anticorpo monoclonale. In questo modo, grazie all’azione mirata di trastuzumab la chemioterapia va a legarsi alla cellula tumorale HER positiva e grazie al suo meccanismo d’azione riesce a rilasciare il DM1 direttamente all’interno del tumore. Un’altra terapia personalizzata di cui si e’ parlato a Glasgow e’ il pertuzumab che in combinazione con un altro anticorpo monoclonale, il trastuzumab, crea un blocco piu’ ampio con conseguente inibizione della proliferazione cellulare e regressione dei tumore. Lo studio registrativo Cleopatra ha mostrato di incrementare significativamente la sopravvivenza delle pazienti, prolungando il tempo senza progressione della malattia portandolo a 18,5 mesi, 6,1 mesi in piu’ rispetto alle pazienti trattate con trastuzumab e docetaxel. A sottolineare il valore di pertuzumab, Aifa gli ha riconosciuto lo status di innovativita’ importante. Secondo i medici riunitisi a Glasgow, tutte queste nuove terapie, data la loro complessita’, richiedono inevitabilmente un approccio interdisciplinare: "Il carcinoma mammario deve sicuramente avere una corretta identificazione anatomo-patologica perche’ e’ principalmente sulla base delle caratteristiche fenotipiche del tumore che viene stimata la prognosi della paziente", commenta Giacomo Allegrini, direttore dell’unita’ ospedaliera complessa di oncologia medica dell’Ospedale di Pontedera (Pisa). "Dall’altra – continua – e’ questo a guidare l’oncologo nella scelta del miglior trattamento medico. E’ indubbio, quindi, che la figura dell’anatomopatologo e’ fondamentale, perche’ senza una corretta diagnosi e senza una corretta identificazione del fenotipo non riusciremmo ad impostare correttamente il trattamento". (AGI) .
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