Repubblica. Cinquantadue giorni dopo ha un nome l’uomo che la notte tra il 30 e il 31 maggio ha aggredito, picchiato e ridotto in fin di vita a Valderice una donna di 57 anni. Da venerdì scorso con il fermo di Valentine Omwanta, nigeriano di 25 anni, accusato di tentata violenza sessuale, rapina aggravata e lesioni gravi, il caso è chiuso. Le indagini del nucleo operativo della compagnia dei carabinieri, coordinate dai pm della Procura di Trapani Anna Trinchillo e Franco Belvisi, hanno consentito di rintracciare, con la determinante collaborazione di alcuni migranti, il giovane che si trovava nella zona di Mineo dopo essere fuggito dal Centro di accoglienza straordinaria “Hotel Villa S. Andrea” a Valderice, poco distante dal luogo in cui è avvenuta l’aggressione.
Erano le 23.35 del 30 maggio quando la donna, trapanese residente a Custonaci, andò via, prima della conclusione la festa a cui stava partecipando, dalla casa privata dove ha sede l’associazione “Gli Amici della Casa del Poeta”, in via Enrico Toti, a Valderice. Aveva deciso di rincasare per andare ad accudire l’anziana madre che abita nel suo stesso stabile. Ha fatto solo in tempo, però, a raggiungere la sua Renault Clio quando un colpo durissimo alla nuca le ha fatto perdere i sensi. A dare l’allarme, quasi all’alba, fu la madre. La donna venne ritrovata dal marito sette ore dopo l’aggressione esanime, priva di coscienza e con il volto tumefatto, tra le sterpaglie, vicino a un ovile. Poco distante fu trovata la sua borsa priva del cellulare e di cinquanta euro.
Le indagini sembrarono un rebus gli investigatori non esclusero alcuna pista fino a quando il cerchio si è stretto sul nome di Valentine Omwanta su cui pendono prove schiaccianti a cui si aggiunge la sua confessione, arricchita di un particolare che, però, non convince gli investigatori: quello di aver agito sotto la minaccia di un altro uomo. “Un contributo importante per la risoluzione del caso – dice il procuratore di Trapani Marcello Viola – è stata la collaborazione degli ospiti del Cas di Valderice e di altri migranti che con le loro dichiarazioni e con precisi elementi, come gli spostamenti del giovane avvenuti la sera dell’aggressione e l’ allontanamento dal Centro, hanno consentito di ricostruire la vicenda”. La prova principe che lo incastrebbe è quella che ha portato al ritrovamento, tramite il codice Imei, del cellulare “Samsung” sottratto alla donna e venduto, al Cara di Mineo, a un nigeriano. E’ stato il migrante a fornire la prova del nove raccontando ai carabineri di aver acquistato l’apparecchio, due settimane fa, proprio da Valentine Omwanta che, però, agli investigatori ha, a sua volta, ammesso di averlo venduto al connazionale ma di averlo comprato per trenta euro al mercato nero di Catania. Versione ritenuta dagli