[embed_video id=128800]Repubblica. Un agguato il giorno prima del venticinquesimo anniversario della strage di Capaci. Giuseppe Dainotti, 67 anni, boss mafioso condannato all’ergastolo ma scarcerato nel 2014, è stato ucciso a colpi di pistola, in strada, a Palermo. Era in bicicletta in via D’Ossuna, nel popolare quartiere della Zisa. Sarebbe stato affiancato da due killer, forse in moto, che gli avrebbero sparato in testa. A chiamare la polizia sono stati alcuni residenti della zona che hanno sentito i colpi di arma da fuoco.Sul posto gli agenti della polizia di Stato, la Scientifica e le unità cinofile. Il boss era uscito dal carcere nel 2014 fra le polemiche e l’allarme del questore. In quei mesi, le indagini dei carabinieri del nucleo investigativo registravano parecchia fibrillazione attorno al mandamento mafioso di Porta Nuova, la potente cosca del centro città. “Quello fa tragedie e va eliminato”, dicevano i mafiosi, poi arrestati nel corso di un blitz che ha fermato una serie di omicidi. Ma la condanna a morte di Dainotti, storico esponente di Cosa nostra, già braccio destro del capomafia della Cupola Salvatore Cancemi alla fine è stata eseguita dai killer. “Ho sentito due colpi d’arma da fuoco. Erano le 7:50. Erano da pochissimo usciti i miei figli. Mi sembravano giochi d’artificio. Qui si sparano sempre i giochi d’artificio a qualunque ora. Mi sono affacciata e ho visto un uomo a terra che perdeva sangue dalla testa. In strada non c’era nessuno”. A parlare è una donna tunisina che abita in via D’Ossuna, a Palermo, a pochi metri da dove è stato ucciso il boss Giuseppe Dainotti. La donna ha aggiunto: “Poco dopo è arrivato un ragazzo con una maglietta celeste. Gridava ‘zio Peppino zio Peppino’. Subito dopo sono arrivate le auto della polizia e dei carabinieri. Non avevo mai sentito colpi di pistola. Una volta che mi sono resa conto che era stato commesso un omicidio sono rimasta impietrita”. Dal carcere, il boss Giovanni Di Giacomo, con cui Dainotti gestiva negli anni ’90 traffici di droga, aveva dato l’ordine al fratello Giuseppe Di Giacomo, ucciso poi a marzo del 2014, di eliminare alcuni esponenti mafiosi che si stavano organizzando per assumere il comando del mandamento. Tra le vittime designate anche Dainotti. Fibrillazioni interne alla cosca accese dall’arresto del padrino di Porta Nuova Alessandro D’Ambrogio. Imputato al maxiprocesso, una sfilza lunghissima di condanne per mafia, omicidio, favoreggiamento, rapina, droga, Dainotti era uno dei fedelissimi del capomafia Salvatore Cancemi, poi passato tra i ranghi dei collaboratori di giustizia.
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