I carabinieri della Compagnia di Sciacca, e del Comando per la Tutela Agroalimentare di Messina, coordinati dalla Procura della Repubblica saccense, al temine di un’attività di polizia giudiziaria, hanno sequestrato beni mobili ed immobili per un valore di oltre 90 mila euro, riconducibili e in uso ad una donna, 47enne di Burgio, ma beni già confiscati a due famiglie mafiose di Burgio e Ribera. Data esecuzione all’ordinanza del Gip del Tribunale di Sciacca, Alberto Davico, dietro richiesta del sostituto procuratore Michele Marrone. I particolari dell’inchiesta sono stati resi noti nel corso di una conferenza stampa presso la sede del Comando provinciale Carabinieri di Agrigento, alla presenza del comandante della Compagnia saccense, tenente colonnello Roberto Vergato, e del capitano Vincenzo Lattuca.
Nel dettaglio sequestrato denaro contante (bloccato su un conto corrente), terreni agricoli e fabbricati. L’indagine nasce da complesse verifiche condotte a partire dal 2019. I primi accertamenti, condotti anche con l’ausilio di mappe satellitari, muovevano dalla conduzione di alcuni terreni facenti parte del patrimonio dei nuclei familiari di Ribera e di Burgio, in relazione al cui sfruttamento per la produzione agricola erano stati elargiti a tali famiglie contributi da parte dell’Agea (Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura) per le campagne agricole a partire 2014. Concentrando le indagini sul quinquennio 2015-2020, veniva appurato che l’azienda agricola della 47enne di Burgio in quel lasso di tempo aveva percepito dall’Agea contributi per circa 90mila euro, sia per lo sfruttamento ai fini della produzione agricola di terreni, già confiscati ai sensi delle normative antimafia a esponenti della famiglia mafiosa dell’area a cui era lei stessa legata da vincoli di parentela, sia per lo sfruttamento ai fini della produzione agricola di terreni presi in locazione sulla base di contratti risultati essere a firma falsa, allorquando i legittimi proprietari dei terreni medesimi, almeno sulla carta, risultavano essere estranei alla truffa in atto.
Resta da chiarire chi e come abbia accertato l’esistenza formale dei titoli esibiti per il percepimento dei contributi in questione, atteso che per legge tale compito spetta al Caa (Centro assistenza agricola) competente per territorio.