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Home» Attualità»Leandro Janni (Italia Nostra Sicilia): L’illusoria mitologia del ponte sullo Stretto

Leandro Janni (Italia Nostra Sicilia): L’illusoria mitologia del ponte sullo Stretto

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L’illusoria mitologia del ponte sullo Stretto. Una mitologia comunque piuttosto onerosa per i contribuenti italiani. Fin dai tempi di Esiodo, presso gli antichi, vivace fu il dibattito sull’originale natura della Sicilia, poiché fu opinione diffusa una sua iniziale appartenenza alla penisola dell’Italia. Il problema, talora connesso a determinate visioni politiche e ideologiche, ruotava intorno alla formazione dello Stretto di Messina, che tuttora costituisce il punto più vicino tra l’isola e il continente. L’idea di collegare in modo stabile la Sicilia al continente risale ai tempi dei romani. Nonostante i propositi di vari governanti nel corso dei secoli (tra gli altri anche Carlo Magno e Roberto il Guiscardo), le oggettive difficoltà dovute alle condizioni ambientali dello Stretto, caratterizzate da fondali marini irregolari e molto profondi, da tumultuose correnti marine e da forti venti in una zona a elevata sismicità, fecero sì che la costruzione di un ponte rimanesse sempre una sfida impossibile per l’ingegneria del tempo.

Nei secoli, l’idea del ponte, non è stata mai abbandonata, e i progetti immaginati ed elaborati sono davvero tanti. L’ultimo ha visto la luce
nel 1981, quando è stata costituita una società di scopo a capitale pubblico, che è stata funzionante fino al 2011, addirittura con gli espropri già iniziati. Gli oneri che questa società ha sostenuto per lo sviluppo del progetto definitivo dell’opera, secondo la Corte dei Conti hanno superato quota 300 milioni di euro. L’ultimo progetto del Ponte sullo Stretto era tanto ben avviato che erano iniziati gli espropri. Ma fu bruscamente interrotto nel 2011, con la caduta dell’ultimo governo di centrodestra. Ad ogni modo, di tanto in tanto riemerge dall’oblio, come sta accadendo in questi giorni. Ma pochi sanno che di quel progetto è rimasta in piedi una SpA: la “Stretto di Messina”. Una società composta dall’Anas, Rfi e lo Stato, in liquidazione dal 2013, ancora in essere per i tanti contenziosi nati dall’improvviso stop al progetto. Ci sono ancora le vertenze aperte con il gruppo Eurolink, capitanato dalla Impregilo che ha presentato richieste di risarcimento danni per 700 milioni di euro, e con i titolari dei terreni che hanno chiesto il pagamento dell’esproprio. Quindi non è bastato che in 30 anni il sogno del ponte sullo Stretto avesse bruciato ingenti risorse pubbliche. E dunque, poiché la società creata allora non è scomparsa, negli ultimi 10 anni è costata quasi 20 milioni di euro. Spesi per pagare dipendenti, un liquidatore, un collegio di revisori dei conti, spese di manutenzione e spese per piccoli appalti e servizi. Dagli organi di stampa e informazione abbiamo appreso che il commissario liquidatore, Vincenzo Fortunato, avvocato molto noto e già capo di gabinetto del ministro Tremonti nel secondo governo Berlusconi, ha un compenso da 120mila euro l’anno come parte fissa, più 40mila di parte variabile. Per questa società c’è un collegio dei revisori, composto da tre commercialisti, per i quali è previsto un compenso di novemila euro per il presidente e di seimila euro per gli altri due componenti. La società di revisione Ey ha un compenso di 36mila euro per gli anni 2018, 2019 e 2020. Inoltre, tra le spese per servizi segnalate all’Autorità anticorruzione nel 2019, la società “Stretto di Messina” ha registrato 1.800 euro per «apparecchiature informatiche», 269 euro per l’abbonamento annuale al Sole 24 ore e di 200 euro per la Settimana fiscale. E inoltre sono stati pagati quattromila euro alla ditta “Ufficio Idea” per acquisti di cancelleria varia, più altri micro-affidamenti da mille a duemila euro a uffici di ingegneria e tecnici.

Scrive Giuseppe Barbera, sapiente agronomo e paesaggista: “Per conquistare visibilità, in vista di un’elezione, per sognare il passaggio alla storia, per apparire moderni e lungimiranti, in mancanza di idee per il futuro, ecco che ritorna il ponte sullo Stretto. Si è abituati e non serve neanche reagire. Si sa che passerà, per ripresentarsi prima o poi. Ma questa volta è diverso, perché riproporlo dopo la pandemia del Covid, come ha fatto recentemente un assessore regionale fino a definirlo “madre di tutte le battaglie… che consente di tornare a correre”, significa non avere compreso granché di quello che è successo. Non aver capito che la pandemia non è un accidente ma conseguenza delle continue aggressioni all’ambiente. Un disastro provocato dall’uomo, compagno di quelli – riscaldamento globale, perdita di biodiversità, invasione di microplastiche, inquinamento ambientale – che presenteranno il conto nei prossimi 20-30 anni. Lo affermano, pressoché unanimi, gli scienziati ai quali finalmente, terrorizzati dal virus, si è dato conto, ma che si è sempre pronti ad ignorare quando gli
avvertimenti riguardano altri limiti di sicurezza che il pianeta ha superato e che incombono, apparentemente senza l’urgenza imposta dal
virus, sull’immediato futuro. Il ponte è il campione più illustre di una idea di crescita che riporterebbe e anzi accelererebbe le condizioni che hanno provocato i disastri presenti e futuri.”

“Per vincere la sfida della povertà serve più il ponte sullo Stretto che il reddito di emergenza”, ha scritto Matteo Renzi nel suo ultimo libro La mossa del cavallo”, che sta presentando in questi giorni. Ma torniamo un po’ indietro con gli anni. Alle elezioni regionali siciliane del 1955, la Democrazia Cristiana stampò grandi manifesti dove c’era il simbolo del partito, lo scudo crociato, attraversato da un ponte. Il Ponte sullo Stretto di Messina. Con quel manifesto, la DC annunciava ai siciliani che i suoi governi, regionale e nazionale, avevano come priorità assoluta la costruzione di quell’opera.
Sono trascorsi 65 anni e in tutte le successive elezioni è stata sempre annunciata la costruzione di quel Ponte. Dopo la DC, i governi di Berlusconi hanno inesorabilmente proclamato che il Ponte sarebbe stato costruito ed era già pronto un progetto che indicava dove e come si sarebbe costruito, tra le sponde di Reggio Calabria e Messina. A Roma, intanto, la Società dello Stretto, a partecipazione pubblica, aveva una sua bella sede nei pressi del Ministero dell’Economia. E succhiava ingentissime risorse economico-finanziarie.
Dopo Berlusconi, una tregua, anche perché il governo Prodi aveva archiviato la pratica. C’erano altre priorità nel Meridione d’Italia. E adesso, in questi primi giorni d’estate del 2020, l’attuale presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha ventilato, tra le grandi opere del suo governo, l’ipotesi del Ponte sullo Stretto. Non l’ha esclusa, affermando, ineffabilmente, che “non ha pregiudizi”. Torna a sorridere Berlusconi. Ma non è difficile prevedere che, come sempre, non se ne farà nulla. E comunque ci chiediamo: il premier Conte ha concordato la sua dichiarazione sul Ponte con il ministro del Mezzogiorno Provenzano?
E il presidente della Regione Siciliana Musumeci? Anch’egli, stimolato dal dibattito nazionale, dice la sua, ovviamente: “Periodicamente si
torna a parlare del ponte sullo Stretto, sul quale tutti conoscono la mia posizione: sono da sempre favorevole e non ho mai cambiato opinione.
Mi fa sorridere chi dice che prima del Ponte si debba pensare ad altro: è solo l’eterna scusa per non fare mai niente. I siciliani sanno che
l’unica volta in cui si è stati a un passo dall’avvio dell’opera è stato per impulso del governo Berlusconi e la nostra coalizione non ha mai
cambiato opinione, come ha ricordato Matteo Salvini. Se assieme al ministro Franceschini e al senatore Renzi si registrerà una nuova
posizione da parte del governo Conte, sarò felice di mettermi a disposizione, assieme al mio governo”. E sottolinea: “Ma non servono
comunicati stampa, ci vogliono norme e atti formali, a partire dalla conversione del decreto legge oggi all’esame del parlamento. Vogliamo
fare un passo avanti? Modello Genova e commissario nazionale per il Ponte. Altrimenti saranno solo chiacchiere dall’amaro sapore elettorale.
Nel frattempo aspettiamo che da 5 anni si apra il ben più ridotto viadotto Himera, sull’autostrada Palermo-Catania”.
Per non parlare dell’autostrada Siracusa-Gela che, iniziata oltre mezzo secolo fa, sta ancora a Rosolini, con mille problemi – possiamo aggiungere.

Il compianto Alexander Langer diceva che piuttosto che verso un futuro “più veloce, più alto, più forte” bisogna andare verso uno “più lento, più profondo, più dolce”. Ed è fondamentale riscoprire e praticare, in un Mondo sempre più affamato e affollato, alcuni limiti: rallentando i ritmi di crescita e di sfruttamento, abbassando i tassi di inquinamento, di produzione e di consumo, attenuando la nostra pressione verso la biosfera. E in Sicilia, disponendo di straordinarie ricchezze naturali, culturali e umane, tutto questo è certamente possibile. Ma un futuro desiderabile si costruisce sulla conoscenza e l’impegno. Sulla buona politica. Di certo non su illusorie mitologie.

Leandro Janni – Presidente regionale di Italia Nostra Sicilia

(Italia Nostra Sicilia|leandro Jannì|Ponte sullo Stretto|Sicilia 2020-06-09
Tags (Italia Nostra Sicilia|leandro Jannì|Ponte sullo Stretto|Sicilia
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