Un finto centro di formazione, con base in provincia di Reggio Calabria e sedi in altre parti d’Italia, che rilasciava falsi diplomi che poi non venivano riconosciuti dalle istituzioni. A scoprirlo sono stati i finanzieri del Comando provinciale e gli agenti della Polizia metropolitana di Reggio che hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di dieci persone emessa dal Gip su richiesta del procuratore di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri e dei suoi pm per il reato di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di truffe, falsi e autoriciclaggio.
Tra le dieci persone coinvolte c’è anche un agrigentino: si tratta di Enzo Riggi, 50 anni di Ribera. Il gip Karin Catalano ha disposto nei suoi confronti l’obbligo di dimora e presentazione alla pg. A Riggi viene contestato, di fatto, il ruolo di “broker”, vale a dire uno dei procacciatori di clienti in Sicilia a disposizione della “banda”. Tra le accuse anche quella di aver falsificato gli attestati/abilitazioni.
Nell’operazione, denominata “Lucignolo”, tre donne di Condofuri, madre e due figlie, sono state portate in carcere: si tratta di Maria Saveria Modaffari detta “Mary”, di 36 anni, che si era presentata al Municipio 1 di Roma con la lista “Forza Italia-Berlusconi con Michetti-Libertas-Unione di Centro”. Con l’accusa di associazione a delinquere, truffa e falso, oltre alla Modaffari sono finite in carcere anche la madre Anna Maria Mangiola, di 56 anni, e la sorella Fortunata Giada Modaffari, di 31 anni. Altri cinque indagati sono finiti ai domiciliari: Vincenzo Coluccio (32 anni), Francesca Antonia Mollica (40 anni), Lucia Catalano detta “Lucy” (42 anni), Marco Antonio Labano (37 anni) e Andrea Bennato (49 anni). Obbligo di dimora e presentazione alla pg, invece, per gli indagati Enzo Riggi (50 anni) e Carmelo Labadessa (69 anni).
Gli inquirenti avrebbero fatto luce su una sorta di “diplomificio”. Gli accertamenti avrebbero consentito alla Procura di delineare l’esistenza e l’operativita’ del sodalizio criminale dietro la parvenza di un finto centro di formazione internazionale, falsamente riconosciuto e convenzionato con enti pubblici ed universita’ italiane e straniere. Per i pm si tratta di un’associazione, stabile e strutturata, attiva fin dal 2016 che sarebbe riuscita ad accumulare proventi per milioni di euro, raggirando decine e decine di vittime. L’inchiesta e’ partita dalle denunce di persone truffate che avevano frequentato alcuni corsi ma i cui titoli non erano stati ritenuti validi nell’ambito di procedure valutative del personale nelle pubbliche amministrazioni. Stando agli accertamenti di Finanza e Polizia metropolitana, gli indagati erano in grado di fornire diplomi di laurea di universita’ straniere con la relativa omologazione, ma anche diplomi di universita’ italiane telematiche, certificati di conoscenza della lingua inglese e abilitazioni all’attivita’ didattica. Per i pm, pero’, era tutto falso. Inoltre, in alcuni casi, i titoli erano rilasciati senza la frequenza di alcun corso o il superamento di alcun esame.