I legali della famiglia di Zelia Guzzo, l’insegnante di Gela di 37 anni, morta tre settimane dopo la somministrazione del vaccino anti-covid AstraZeneca si oppongono alla decisione della Procura che ha chiuso l’inchiesta e chiesto l’archiviazione del procedimento penale nei confronti di ignoti per omicidio colposo. Secondo i pm non sono emerse correlazioni di rilievo penale tra la somministrazione del vaccino Astrazeneca, la morte di Zelia Guzzo e colpe imputabili ai medici. La donna giorni dopo la somministrazione di AstraZeneca aveva cominciato ad accusare un forte mal di testa e stato confusionale. Dopo il trasporto all’ospedale Vittorio Emanuele di Gela era stato disposto il trasferimento al Sant’Elia dove era stata sottoposta ad un delicato intervento di Neurochirurgia. L’insegnante secondo i primi accertamenti medici, sarebbe stata colpita da trombosi ed emorragia cerebrale. I medici avevano provato a tamponare l’edema, ma per Zelia non c’è stato nulla da fare dopo 13 giorni di ricovero.
I legali della famiglia, hanno deciso di opporsi, formalizzando un’azione in tal senso, che a questo punto verrà valutata dal gip del tribunale. “E’ stato accertato dall’esame autoptico – affermano gli avvocati Antonio Cozza e Valerio Messina – che la nostra assistita, un’insegnante trentasettenne, in perfetta salute, è morta, dopo giorni di agonia, per trombosi polidistrettuale originata dalla somministrazione del vaccino AstraZeneca, in relazione al quale l’Ema il 29 gennaio 2021 aveva approvato la commercializzazione in Europa. Nessuno l’aveva informata che questa poteva essere una delle ‘reazioni avverse’ della pratica vaccinale. Solo successivamente al suo tragico decesso la nota informativa del farmaco Vaxzevria è stata integrata, inserendo la formazione di coaguli di sangue quali possibili effetti collaterali della inoculazione del vaccino, ancorchè rari. Eppure, già all’epoca erano state segnalate reazioni avverse in Europa e vi erano alcuni studi che ponevano in correlazione l’adenovirus, vettore virale, con la trombocitopenia. La donna aveva dunque diritto ad essere informata congruamente sui rischi che avrebbe corso, tanto più che, già all’epoca, numerosi Paesi avevano temporaneamente escluso, o raccomandato di evitare, la somministrazione di quel vaccino”. Per i legali e per la famiglia fare luce sul caso Guzzo significa salvaguardare anche altre vite. “E’ di pochi giorni fa la notizia di un’altra ragazza, l’ennesima, che ha avuto una reazione analoga a quella di Zelia dopo essersi sottoposta al vaccino AstraZeneca – concludono – che versa ora in condizioni disperate. E’ giunto dunque il momento che la scienza si interroghi seriamente sui rischi a breve, ma anche a medio e lungo termine, legati alla somministrazione di tale tipologia di vaccino, per scongiurare quanto più possibile e nei limiti di quanto scientificamente accertabile, che altre giovani vite vengano spezzate”.