Lettera aperta di un Nisseno: “Mi trovo a dover intervenire in ragione di un articolo presente su un quotidiano on-line del 19/03/2021, avente titolo: “ Caltanissetta, Zona rossa. Il sindaco Gambino ‘rimprovera’ i nisseni: “Indisciplinati, invece di chiedere i controlli …comportatevi bene”. “Non scrivetemelo più ci vogliono i controlli e le telecamere: non scrivetemelo più. I controlli li facciamo ma se siete indisciplinati, non abbiamo un poliziotto per ogni abitante. Non rompete le scatole con i controlli che vengono fatti regolarmente ma, siete voi che vi comportate male!…Non abbiamo un poliziotto per ogni nisseno. Ieri al centro vaccinale, ci sono stati assembramenti. Noi abbiamo fatto i nostri controlli di concerto con la questura. Abbiamo preso delle precauzioni. Ma le persone che mi mandavano i filmati dal cefpas lamentando l’assembramento, erano le prime ad assembrarsi! Vi ricordo che adesso la distanza interpersonale è di due metri”. Dopo avere espresso la preoccupazione per l’allarmante situazione di contagio, conclude: “Scusate se mi sono incazzato un po’, ma esce fuori lo stato d’animo della tensione: se non ci comportiamo bene, non migliorerà la situazione e la curva del contagio non diminuirà”. Sorvolo su un intercalare che, nonostante il comprensibile stato di tensione nervosa, non ritengo, comunque, possa attagliarsi ad un primo cittadino, ma, se mi è permesso, sperando di riuscire ad essere conciso, vorrei evidenziare alcuni aspetti connessi alle vicende cui viene fatto riferimento, relative al presidio di vaccinazione attivato presso il CEFPAS. Vorrei evidenziare, preliminarmente, come il sindaco rappresenti la figura di riferimento per la cittadinanza in ordine a qualsivoglia problema, bisogno o necessità: sostanzialmente è la guida di una comunità e per il sentire comune, forse non solo per i meridionali, viene visto similmente ad un “papà”. Per come verificabile sul posto o anche mediante il noto programma di Google, il cancello di accesso al CEFPAS si apre sulla via Mulè, che a sua volta si diparte dal viale Luigi Monaco. A partire da tale punto di inserzione sulla sinistra inizia la recinzione del CEFPAS mentre sulla destra è presente un cartello verticale di divieto di sosta, integrato con il cartello aggiuntivo di zona rimozione, operante per un breve tratto in quanto fa poi seguito una piccola area di sosta a lisca di pesce per pochi veicoli e, quindi, uno dei cancelli di accesso all’ospedale S. Elia. A proseguire, subito dopo detto accesso, è presente un ulteriore cartello verticale di divieto di sosta, anch’esso integrato con il cartello aggiuntivo di zona rimozione, che opera per il successivo tratto sino alla inserzione sulla destra di una strada secondaria, di fronte alla quale, ossia sulla sinistra, si trova proprio il cancello di accesso al CEFPAS. Successivamente alla predetta inserzione, con antistante il richiamato cancello di accesso, sulla sinistra riprende la recinzione del CEFPAS mentre sulla destra sono presenti delle proprietà private, ma all’angolo con la citata inserzione così come dei successivi distanziati accessi privati non è più presente alcun cartello di divieto di sosta e relativo cartello aggiuntivo di zona rimozione. Si converrà che l’ordinario automobilista interpreti la volontà di voler garantire l’agevole transitabilità della via Mulè esclusivamente in ragione degli accessi dell’ospedale e del CEFPAS e non per il successivo tratto. Se qualcuno ritenesse di chiedere al metronotte che presidia l’accesso al CEFPAS se la via Mulè è strada pubblica o privata, molto probabilmente si sentirebbe rispondere che è una strada privata. Il che non risulta compatibile con la realtà in quanto verrebbero a sollevarsi diversi interrogativi: nel caso fosse effettivamente privata, in particolare, come può aver provveduto il comune a denominare la predetta strada “via Mule”? Come può avere provveduto il comune a disciplinare e realizzare la segnaletica verticale ed orizzontale? Come può il servizio di trasporto urbano avere ricompreso nel relativo tragitto anche tale via sino al CEFPAS. Rimane però un problema, sia che la strada sia privata che pubblica: la presenza di un tratto metallico di condotta idrica, di non meno di due pollici di diametro, che in prossimità dell’accesso al CEFPAS, uscendo dal cancello sulla sinistra, emerge dalla carreggiata stradale sino a circa 20cm di altezza per poi portarsi in orizzontale per circa un metro prima di scomparire sul bordo strada. Al di là di chi abbia realizzato tale manufatto della rete distributiva ed a servizio di quale utenza/e sia, lo stesso costituisce un pericolo occulto non agevolmente visibile dall’auto: è mai possibile che nessuno abbia mai notato il connesso pericolo per l’incolumità pubblica e che nessuno sia mai intervenuto al riguardo? Riguardo all’afflusso per il presidio vaccinale, i problemi cominciano a presentarsi quando l’addetto alla sicurezza che presidia l’accesso al relativo cancello del CEFPAS, non risultandogli più possibile far accedere ulteriori autoveicoli dei cittadini, che man mano sopraggiungono per la vaccinazione, ai fini della sosta nell’area allo scopo destinata (area enormemente inferiore di quella alla totale disponibilità di tale ente, presentantesi quasi del tutto deserta), vengono rimandati indietro, per cui oltre ad eventuali casi di chi eventualmente desiste o riesca a trovare diverse eventuali soluzioni alternative, molti si accodano parcheggiando lungo il lato destro del tratto della via Mulè successivo alla prima citata inserzione antistante il cancello di entrata al CEFPAS. Forse è il caso di ricordare che le prenotazioni per la vaccinazioni hanno interessato soggetti “fragili”, i quali, oltre ad essere portatori di una o più patologie a rischio, in molti casi hanno impedimenti o limitazioni alla deambulazione e/o allo stazionamento in piedi. Il successivo punto critico è rappresentato dal padiglione utilizzato quale presidio per la vaccinazione, localizzato tra i più vicini al cancello di accesso, ma, comunque, distante circa due centinaia di metri, il cui accesso si apre su una piccola area antistante larga circa 5 metri. Alle persone che man mano si presentano viene consegnato un ticket taglia code senza alcuna verifica della fascia oraria della prenotazione, per cui viene poi data notizia della presenza di persone che si sarebbero dovute presentare in base alla prenotazione in fasce orarie diverse da quella in corso. Purtroppo i tempi di attesa sono mediamente di due/tre ore durante le quali si succedono diversi piovaschi e non risulta disponibile alcun locale od una qualsiasi possibilità di potersi riparare, così come di potersi sedere in quanto un invitante muretto antistante è bagnato. Le dimensioni dell’area sono misurabili ed è possibile determinare un reticolo di metri 2×2 e calcolare il numero delle persone che possono stazionare nelle relative intersezioni e confrontarlo con il numero dei presenti, vaccinandi e accompagnatori. Qualcuno potrebbe anche pensare opportuno escludere la presenza degli accompagnatori, ma fermo restando che in taluni casi risultano indispensabili ad assicurare la presenza dei vaccinandi, nella generalità dei casi assicurano quel supporto umano e psicologico che certamente contribuisce a impedire il crollo psicologico delle persone. Se qualcuno ritiene sia possibile evitare l’assembramento in uno spazio così limitato in condizioni climatiche avverse, con le persone costrette a muoversi sia in ragione della necessità di avere notizia della progressione del numero del taglia code chiamato, che di cercare rimedio all’intorpidimento, causato anche dell’andamento climatico, con il movimento o cercando rifugio dalla pioggia incollandosi alla parete esterna del padiglione, faccia la relativa esperienza dal vivo, anche se da semplice osservatore emotivamente non coinvolto, in presenza di siffatte condizioni organizzative subite, in uno sconsolante e mortificante scenario “da guerra” realizzato da chi avrebbe potuto e dovuto prevedere/pianificare/organizzare uno scenario civile a supporto dei cittadini, avrebbe avuto pure modo di assistere agli effetti della tensione nervosa individuale accumulatasi, per cui uno di tali cittadini, dopo essere riuscito ad entrare, al check-in d’ingresso per un contrattempo oppostogli, sia diventato dapprima paonazzo per poi crollare rovinosamente a terra e poi fortunatamente subito soccorso dal personale medico. Ma non è finita qui, nel frattempo qualcuno (l’addetto alla sicurezza del CEFPAS preposto al cancello di accesso o chi altro?) ha chiesto o ha disposto l’intervento della Polizia Municipale e del carro attrezzi? Certo è che rispetto al problema di cui l’articolo di riferimento riporta essere stato sottoposto al sindaco, una simile azione è in linea con il pensiero dallo stesso manifestata. Ma c’è un problema. Come si può procedere alla rimozione di una autovettura il cui punto di stazionamento non è soggetto al divieto di sosta/zona rimozione? E qui interviene l’arguzia dell’agente operante: di fronte al CEFPAS vi sono tratti di strada soggetti al divieto in argomento e altri no, basta genericamente indicare lo stazionamento come di fronte al CEFPAS e, dato che non è possibile fare ricorso agli inesistenti numeri civici, non farne precisazione, così come senza indicare il chilometrico, in alternativa. E’ evidente che in un caso del genere non sia il cittadino a dover dimostrare, essendone impossibilitato in quanto l’auto è stata rimossa, che il luogo di stazionamento non è gravato dal divieto di sosta con rimozione, bensì è l’operatore a dover dimostrare che l’area in cui sosta l’auto è gravata dal divieto in argomento. In tutti i casi, è possibile ritenere siffatta arguzia posta in atto scientemente conforme ai doveri che si impongono alla p.a., ovvero, quanto meno, è possibile ritenerla eticamente corretta? Il sindaco condivide tale operato? E’ possibile che lo stesso non sia stato informato preventivamente e/o non abbia dato l’assenso a procedere, ma ora ha notizia dell’intervento di rimozione in argomento, che comunque può verificare, così come dell’artificio operativo posto in essere dal personale di P.M., il quale, presumibilmente, ignorava o riteneva di non essere tenuto a conoscere o, comunque, di tenere in considerazione i motivi della presenza di così tante auto: no, non erano lì motu proprio per frequentare un bar o un luogo di ritrovo, ma perché convocati per sottoporsi a vaccinazione anti-covid e adempiere ad un preciso dovere civico di proteggere se stessi e gli altri. Risultato, un costo di oltre € 100, ben più di quanto costerebbe una dose di vaccino ove acquistabile, oltre lo sconforto e la necessità di come poter tornare a casa. A fronte del problema dell’assembramento verificatosi, nonché di quelli connessi all’accesso e sosta dei veicoli, prendo con piacere visione della pianificazione, resa nota su internet, con la quale la Questura di Caltanissetta intende operare al fine di evitare il caos e canalizzare il cittadino nell’accesso alla vaccinazione. Spero che siffatto intervento possa aiutare al massimo e dare sostegno ai cittadini sottoposti al piano vaccinale, ma in tutti i casi è doveroso un plauso per la capacità e la celerità della Polizia di Stato di avere saputo interpretare le esigenze ed i bisogni della cittadinanza. E’ possibile che il sindaco, quale capo dell’amministrazione comunale, nonché nella qualità di autorità sanitaria locale, non abbia partecipato alla scelta del luogo in cui organizzare il presidio di vaccinazione in argomento ed agli aspetti di logistica connessi? E’ possibile che in fase di programmazione/pianificazione/organizzazione nessuno abbia preso in considerazione, anche ai fini di evitare l’eventuale assembramento, le esigenze di adeguato dimensionamento del padiglione, anche in ordine alle esigenze di astanteria in ragione del carico di persone e di sosta per i veicoli, avuto riguardo anche di eventuali necessità aggiuntive e/o di riserva che potessero venirsi a presentare anche a fronte ed in ragione di possibili imprevisti? E’ possibile che nella predetta fase nessuno abbia preso in considerazione l’esigenza di non lasciare fuori abbandonati a se stessi i cittadini sia in relazione alle esigenze di parcheggio (anzichè operare la rimozione forzata dei veicoli) che di astanteria utili ad assicurare una protezione dalle avverse condizioni climatiche e un riparo da possibili eventi piovosi ricorrenti per il periodo, in particolare per il mese di marzo, così come la possibilità di sedersi in ragione di tempi medi di attesa di ore e delle presumibili necessità di chiunque ed in particolare di soggetti “fragili” e/o con problemi o limitazioni di deambulazione/stazionamento in piedi? Il piano intrapreso dalla Questura per fronteggiare quanto verificatosi, dimostra come in tempi brevi/rapidi e con un limitato, o comunque compatibile, impiego di risorse umane, possa assicurarsi la necessaria guida e supporto ai cittadini a fronte dei diversi problemi verificatisi. Perchè chi ha programmato/pianificato/organizzato si è limitato ad affrontare la questione dell’attivazione del centro vaccinale in termini di assoluta essenzialità? Erano di difficile previsione le esigenze logistiche connesse? Oppure ha prevalso una visione per cui abbiamo un adempimento inderogabile, Caltanissetta non può restare indietro, dobbiamo sbrigarci, i “fronzoli” non sono indispensabili? Od ancora è stata valutata la sussistenza di problemi di incompatibilità dal punto di vista economico? O per quale altro motivo? Signor sindaco questa non è una interpellanza consiliare, non sono un politico e non intendo muoverLe una polemica politica, non Le chiedo di dare risposta ai diversi interrogativi, ne di fare ammenda del Suo non facere e/o del Suo facere sia personale che quale rappresentante del comune e del relativo apparato, intendo solo portarLa a conoscenza di altri aspetti e fatti forse non a Sua conoscenza o eventualmente da Lei non valutati compiutamente; informarLa, per quel poco che vale, che condivido e apprezzo il Suo costante invito ad evitare l’assembramento e ad osservare le misure di contenimento della pandemia, ma che non condivido attività repressive più o meno furbesche come quella richiamata dell’intervento per “zona rimozione” e che assolutamente non condivido uno stile ed un linguaggio da “sacro furore” per cui i suoi concittadini sono i colpevoli di quanto verificatosi: se ne faccia una ragione, qualcuno ha organizzato una situazione ed una logistica per cui i cittadini potevano solo chiederLe aiuto, inviandoLe anche filmati, oppure rinunciare alla vaccinazione e tornarsene a casa. Non Le chiedo una risposta ai diversi interrogativi o qualsivoglia precisazione più o meno strumentale, quello che Le chiedo è una personale riflessione per lei stesso e per la comunità che amministra.“
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