Sconto di pena in appello per Antonello Montante, ex leader di Confindustria Sicilia, condannato a 8 anni di reclusione. La sentenza, emessa dalla Corte d’Appello di Caltanissetta, presieduta da Andreina Occhipinti, è arrivata dopo oltre otto ore di camera di consiglio. Rientra nell’ambito del processo sul cosiddetto «Sistema Montante», celebrato con il rito abbreviato nei confronti di 5 imputati. Il sostituto procuratore generale di Catania, Giuseppe Lombardo, per Montante aveva chiesto la condanna a 11 anni e 4 mesi. L’accusa è di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione. In primo grado, l’ex paladino dell’antimafia, era stato condannato dal gup Graziella Luparello, a 14 anni di reclusione.
Condannati anche alcuni componenti del suo «cerchio magico», accusati a vario titolo di corruzione, rivelazione di notizie coperte dal segreto d’ufficio e favoreggiamento. A 5 anni è stato condannato il capo della security di Confindustria Diego Di Simone (il gup gli aveva dato 6 anni e 4 mesi), a 3 anni e 3 mesi il sostituto commissario Marco De Angelis (4 in primo grado). Assolti il colonnello Gianfranco Ardizzone, ex comandante provinciale della guardia di finanza di Caltanissetta, che in primo grado aveva avuto 3 anni, e Andrea Grassi, dirigente della prima divisione dello Sco che aveva avuto un anno e 4 mesi. «Già la sentenza di primo grado aveva sancito l’estraneità del questore Andrea Grassi a ogni rapporto opaco. Oggi , con la completa assoluzione gli è è stato ridato anche l’orgoglio di dichiararsi, come fatto dalle prime battute delle indagini, un uomo dello Stato», affermano i difensori Cesare Placanica e Walter Tesauro, esprimendo «soddisfazione» per la sentenza.
«Rispetto al primo grado – commenta l’avvocato Carlo Taormina, difensore di Montante – c’è stato un ridimensionamento, anche se ovviamente non siamo assolutamente soddisfatti e quindi proporremo ricorso per Cassazione. Resta il problema dell’associazione che non riteniamo proprio configurabile. Alcune ipotesi di corruzione, se pure ridimensionate, non sono rispondenti a quelle che sono le nostre ricostruzioni». Poi l’avvocato Taormina aggiunge: «Noi riteniamo che il rapporto di do ut des tra Montante e la polizia o la finanza non sia mai stato provato».
Il processo nei confronti di Montante è scaturito dall’inchiesta Double Face, condotta nel 2018 dalla squadra mobile di Caltanissetta e coordinata dalla Dda nissena. L’ex paladino dell’antimafia avrebbe messo in piedi un vero e proprio sistema di potere, ideato e attuato «grazie a una ramificata rete di relazioni e complicità intessuta con vari personaggi inseriti ai vertici dei vari settori delle istituzioni». Sarebbe stato al centro di una attività di dossieraggio realizzata, anche grazie a complicità eccellenti, attraverso l’accesso alla banca dati delle forze dell’ordine e finalizzata a ricattare «nemici», condizionare attività politiche e amministrative e acquisire informazioni su indagini a suo carico. (GDS)
“Mi sento sollevato perche’ finalmente e’ finito questo calvario”. Lo dice il generale della Guardia di finanza, Gianfranco Ardizzone, a conclusione del processo d’appello sul “Sistema MONTANTE”. Il generale – come riporta l’agenzia di stampa AGI – e’ stato assolto da alcuni capi d’imputazione e per altri e’ giunta la prescrizione. “Tutto il fango che mi e’ stato buttato addosso con questa sentenza e’ stato lavato via”, ha aggiunto. Secondo l’accusa, aveva chiesto favori a MONTANTE per l’assunzione della figlia: “Mia figlia ha sempre lavorato, e’ stata sempre apprezzata nel suo lavoro e quindi era tranquilla, come ero tranquillo io di non aver fatto mai nulla di male. Alla fine ci sono dei giudici che sanno leggere le carte e sanno fare il proprio dovere”, ha proseguito. “Abbiamo fatto un ottimo lavoro – ha detto l’avvocato Giuseppe Dacqui’ – abbiamo rifatto il processo in Appello, cosa che purtroppo in primo grado, seppur coi limiti dell’abbreviato, non e’ stato fatto. Questo ha consentito alla Corte di avere una valutazione certamente terza, serena e obiettiva dei fatti. Alla fine abbiamo avuto ragione”.
“Il generale – ha dichiarato Dacquì all’Adnkronos – è stato assolto dal reato associativo, per l’altro capo relativo all’ipotesi di corruzione, viene assolto per i fatti che sono stati commessi dal 2011 in poi, quando si parla del trasferimento dell’allora colonnello da Reggio Calabria a Caltanissetta, per questo fatto è stato assolto. Per quanto riguarda il fatto legato all’assunzione della figlia, il reato è stato prescritto”, ha spiegato.