A Caltanissetta a distanza di un anno dall’assemblea pubblica, voluta da decine di associazioni nissene, svoltasi presso la Casa delle culture e del volontariato L. Colajanni, queste le riflessioni di PiùCitta’ sul Regolamento della partecipazione e sulle pratiche partecipative di sistema in città:
Quando, in un’altra era geologica, provammo a costruire un percorso comune con i Cinque stelle nisseni che fanno capo all’on. Giancarlo Cancelleri, stimolammo a ché non si commettesse lo stesso errore della precedente amministrazione, ossia parlare di partecipazione civica senza attuarne una regolamentazione strutturale. La partecipazione a “parenti e amici” si fa in occasione dei matrimoni, dei battesimi, dei compleanni, ma se si vuole imprimere una svolta al modello politico verticistico e riappassionare i cittadini al bene comune, la costruzione di una pratica (e di una grammatica) del coinvolgimento deve essere chiara, trasparente, costante.
Per molti di noi l’esperienza del Polo civico si chiuse quando si decise di non combattere in maniera diretta e senza sconti chi stava ostacolando il percorso di costruzione del Regolamento della partecipazione: l’esito di un movimento che aveva prima perso di vista e poi abbandonato la sua stessa motivazione di esistenza in vita, fu sancito dalle timidezze con cui si affrontò la campagna elettorale per le amministrative del 2019. Il Polo civico neanche arrivò a presentare una sua lista perché era privo di quella forza vitale, di quella speranza di cambiamento che lo aveva condotto ad avere un’occasione unica ed irripetibile.
Oggi la storia si ripete, ma con un Movimento politico di assai più ampia diffusione e di governo. Giovanni Verga ebbe bisogno di guardare ai pescatori di Acitrezza per comprendere come tutti gli stimoli che portano al disfacimento di una famiglia (di un’idea, di una carriera, di un patrimonio, ecc.) sono sempre gli stessi: nel piccolo come nel grande.
Ed ecco riaccadere quanto già vissuto a Caltanissetta: la prima volta accadde con l’alibi di un’Alleanza refrattaria (il PD di allora non sposò mai le premesse politiche della democrazia dal basso e giocò, nelle Commissioni come in Consiglio Comunale, a screditare e, infine, bocciare l’intero percorso). Stavolta trattasi di suicidio.
E’ passato un anno da quando si svolse l’assemblea pubblica alla Casa delle Culture e del Volontariato “Letizia Colajanni”, che molte associazioni si impegnarono ad organizzare, in un anelito – fallito – di speranza. Ciò che ci spinge a scrivere è l’infausto compleanno che si celebra: da allora, infatti, nessuna foglia si è mossa. Anzi, ne sono cadute tante.
Il 13 ottobre 2020 fummo in molti a partecipare e a sentire le parole di apertura da parte di Sindaco e assessori, anche se l’assessora alla Partecipazione parlò di “compitini per casa”.
Nonostante reiterate e documentate richieste di incontro inoltrate per PEC alla Prima e Quinta Commissione, riunitesi quasi giornalmente in periodo COVID, non è stato trovato il tempo per una riunione online con i cittadini. Persino la vicesindaco, in una telefonata privata successiva agli intoppi burocratici dell’applicazione del Regolamento (pensato e scritto male), aveva rassicurato che il processo interrottosi di istituzione delle Consulte, avrebbe visto la ripartenza in tempi brevi con la collaborazione delle associazioni. Nulla è stato mantenuto e la motivazione non può che essere di natura politica.
Oggi si sentirebbe il bisogno di dibattiti strutturati sulla condizione dello sport in città, sulla disabilità, sullo stato del centro storico, sull’inclusione, sul lavoro e l’ambiente. Ma le Consulte giacciono come lettera morta. Le riunioni “partecipative”, come quella del “Centro studi urbano”, sono obblighi di legge e non certo aperture al territorio.Questa incoerenza ha un costo: il costo non è tanto il disincanto rispetto all’ennesima formazione che sventola uno slogan a cui non crede e di cui di fatto ha paura, ma, il depauperamento dell’apporto civico alla qualificazione della vita pubblica.
PiùCitta’