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Caltanissetta, lo “Spasimo di Sicilia” torna a casa dopo il restauro

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Originale o copia “firmata”? Il recente restauro dello Spasimo di Sicilia nisseno che dopo quasi nove mesi ritorna a casa nel Museo Diocesano di Caltanissetta, alimenta il mistero che da sempre aleggia intorno al dipinto cinquecentesco. Si tratta dell’opera originale del grande Raffaello, oppure di una copia molto particolare, visto che riporta la sigla con cui il grande artista urbinate firmava le proprie opere? Il dibattito resta aperto e nel corso degli anni ha anche ispirato più di un libro: “L’impostura dell’Abate Staropoli” di Sergio Mangiavillano e, recentemente, “Spasimo di Sicilia” di padre Giuseppe Anzalone.

In occasione della presentazione al pubblico dell’opera raffigurante l’Andata al Calvario, se ne parlerà sabato 4 marzo alle 17,30 nella sala conferenze “Francesca Fiandaca”, nel corso di un convegno, al quale parteciperanno il direttore del Museo diocesano di Caltanissetta, Giuseppe Di Vita; il vicedirettore Luigi Garbato che introdurrà le argomentazioni inerenti al restauro e all’iconografia dell’opera; la restauratrice Belinda Giambra, titolare della Restaurarte; e Salvatore Anselmo, docente a contratto di Storia dell’arte moderna presso l’Università degli studi di Palermo, che interverrà su “Gli echi raffaelleschi in Sicilia”.

LA STORIA TRA MITO E REALTÀ. Tutto ha inizio nel 1506, quando il giureconsulto palermitano Jacopo Basilicò dona con atto notarile ai monaci benedettini della Congregazione di Santa Maria di Monte Oliveto, da poco giunti a Palermo, alcuni possedimenti con l’obbligo di costruirvi una chiesa e un monastero dedicati a Santa Maria dello Spasimo, in memoria della defunta consorte, particolarmente devota all’Addolorata.

Nel 1516, portati a termine i lavori della chiesa, Basilicò dà incarico ad Antonello Gagini di realizzare una maestosa cornice in marmo sopra l’altare della cappella di famiglia, destinata ad accogliere la tavola rappresentante lo Spasimo commissionata a Raffaello da Urbino. 

Nel 1517, anno in cui la tavola fu realizzata, inizia la storia avventurosa dell’opera. Secondo Giorgio Vasari nelle sue Vite, la nave che trasportava la grande tavola fece naufragio causando la morte della maggior parte dei marinai; solo la cassa con il dipinto rimase integra, sospinta dai flutti verso Genova dove fu tratta in salvo e da dove, per intervento del pontefice Leone X, giunse infine a Palermo. Qui lo Spasimo conosce una enorme fortuna, sancita dal grande altare marmoreo e dal gran numero di copie che furono realizzate. 

La tavola rimane in Santa Maria dello Spasimo fino al 1573, anno in cui i monaci del Monte Oliveto si trasferirono nella Chiesa di Santo Spirito detta “del Vespro”, portando con sé l’altare e il dipinto.

Nel 1661, grazie a un reciproco e tacito scambio di favori e interessi, tra il viceré di Sicilia Ferdinando d’Ayala, e l’abate del monastero, padre Clemente Staropoli, in attrito con i monaci, l’opera viene ceduta a Filippo IV di Spagna. Rimpiazzata da una copia, la tavola intraprende il suo viaggio verso il Real Alcàzar di Madrid. 

Durante le spoliazioni napoleoniche, fu portato a Parigi, dove rimase alcuni anni trasportato da tavola su tela. 

Solo dopo la sconfitta di Napoleone rientrerà in Spagna per approdare infine al Museo del Prado. Ma è andata davvero così, o quella inviata in Spagna era soltanto una copia? Il mistero continua.

Caltanissetta lo Spasimo di Sicilia torna a casa dopo il restauro museo diocesano Spasimo di Sicilia 2023-03-02
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