Uno avrebbe scambiato la provetta di sangue della figlia con la sua, l’altra avrebbe consentito un prelievo bypassando il regolamento ospedaliero. Tutto per coprire la ragazza scoperta dalle forze dell’ordine ubriaca alla guida della sua auto. Tradotto nel concreto: colpevoli di concussione. Già, perché il secondo passaggio in aula ha ribaltato la prima sentenza sancendo l’affermazione di responsabilità per due medici. Entrambi, in primo grado, ne erano usciti «puliti». Ma adesso è arrivata la condanna. Il dirigente dell’ Asp Vito Claudio Maria Milisenna, 64 anni è stato condannato a 4 anni e 6 mesi di reclusione, il medico del Pronto Soccorso del Sant’Elia Maria Tumminelli a 2 anni e 2 mesi.
Entrambi sono stati chiamati a rispondere di due ipotesi d’induzione indebita a dare o promettere utilità con l’aggravante di avere occultato un altro reato e il solo dirigente dell’Asp anche di induzione in errore e falsità ideologica in certificati commessa da persona esercente un servizio di pubblica necessità. La Corte d’appello invece presieduta da Pasqua Seminara ha disposto il non doversi procedere perché i fatti sono prescritti nei confronti di Costanza Maria Milisenna 28 anni, figlia del dirigente Asp, chiamata in causa per guida in stato d’ebrezza, perché la notte del 19 aprile 2014 sarebbe risultata positiva al test dell’etilometro. Il padre, secondo l’accusa, avrebbe indotto il medico del pronto soccorso a sostituire la provetta di sangue della figlia con un’altra contenente il suo, così da risultare negativa al test alcolemico.
Giornale di Sicilia di Vincenzo Falci