“AmiloidoSicilia”, un evento regionale che vede coinvolti tutti i più importanti centri, le cardiologie e le associazioni cardiologiche per fare il punto sulla patologia e programmare la Rete Siciliana per la diagnosi e il trattamento di questa malattia, definita rara, ma che effettivamente ha un’incidenza decisamente più alta e molteplici possibilità terapeutiche. Questo corso si pone l’obiettivo di identificare strategie ottimali, andando a mettere in luce quali sono le principali novità per quanto concerne le tecniche di imaging e diagnostiche a disposizione del medico, definendo una linea d’azione condivisa tra specialisti per un riconoscimento della patologia sempre più corretto e per un’impostazione terapeutica sempre più precoce ed efficace.
Il convegno si terrà oggi,10 dicembre, presso l’hotel San Michele a Caltanissetta.
Abbiamo incontrato il Dott. Gabriele Di Gesaro, responsabile scientifico del convegno e cardiologo presso l’UOC di Cardiologia di ARNAS Civico di Cristina Benfratelli a Palermo.
Cos’è l’Amiloidosi e quali forme della patologia conosciamo ad oggi?
“Si tratta di un gruppo di patologie rare, invalidanti e spesso fatali, causate dal deposito nello spazio extracellulare di materiale composto da proteine con una struttura instabile, che tende ad aggregarsi, a depositarsi nei tessuti e a non permettere al nostro organismo di eliminarlo.
Tra gli organi più colpiti vi sono cuore, reni, fegato e sistema nervoso autonomo. La deposizione provoca un’alterazione del tessuto dell’organo con un conseguente danno funzionale irreversibile. Ad oggi sono stati identificati più di 20 varietà di Amiloidosi, ma le più frequenti sono due: AL e TTR. La prima èun disordine ematologico, legato ad una anomala proliferazione di plasmacellule. I sintomi non sono specifici e segni classici quali lividi periorbitali, e macroglossia possono essere riscontrati solo in un terzo dei casi. L’Amiloidosi TTR correlata è causata, invece, da una anomala deposizione di fibrille di transtiretina, una proteina prodotta dal fegato, e si suddivide a sua volta in una forma genetica, più rara, conosciuta anche come forma ereditaria(ATTRm), e una wild-type (ATTRwt), correlataall’invecchiamento. Questa forma ha quasi esclusivamente fenotipo cardiaco e si manifesta per lo più con segni e sintomi di scompenso”
Quali sono i sintomi e come viene diagnosticata l’Amiloidosi Cardiaca?
“Anche se si manifesta generalmente con sintomi quali scompenso cardiaco o aritmie, è una malattia sistemica e può presentare diversi sintomi non cardiaci, come quelli oftalmologici, neurologici e gastrointestinali, specialmente nel caso della forma ereditaria mutata. Data la rarità della condizione e la aspecificitàdei sintomi, la malattia viene tuttora diagnosticata con un certo ritardo. Una diagnosi precoce è tuttavia un fattore chiave per la prognosi, perché la deposizione di sostanza amiloide è un processo progressivo e conduce nel tempo alla disfunzionedell’organo interessato. Spesso l’Amiloidosi Cardiaca viene sospettata in seguito a esami di routine come l’ecocardiogramma e l’elettrocardiogramma, ma la conferma della diagnosi richiedeesami più specifici: l’esame di riferimento è la biopsia endomiocardica, che rappresentava il gold standard fino a qualcheanno fa. Oggi, grazie alla crescente accuratezza diagnostica di altre metodiche di imaging, esistono esami meno invasivi come la risonanza magnetica cardiaca e la scintigrafia con traccianti ossei.Nel sospetto di una forma da catene leggere (AL) vengono effettuati ago aspirato e biopsia osteomidollare, mentre i testgenetici sono fondamentali per distinguere tra l’Amiloidosi cardiaca da transtiretina wild-type e la forma ereditaria”.
Perché rivolgersi ai centri specialistici di riferimento?
“Perché i pazienti possano essere gestiti da un team multidisciplinare esperto – cardiologi, neurologi, radiologi, medicinucleari, ematologi e anatomopatologi – che porti a diagnosi e trattamenti precoci, e possano accedere immediatamente alle nuove terapie. Per ottenere questo risultato occorre anche aumentare il livello di conoscenza e consapevolezza della malattia, non sottovalutando mai sintomi anche modesti”.
Parlando di trattamento della patologia, quali sono le novità in termini di trattamento?
“Ci sono oggi dei farmaci che sono entrati effettivamente nell’uso comune e che hanno dato degli ottimi risultati su endpoint importanti: non solo sul miglioramento della qualità di vita e delleperformance sul paziente, ma anche e soprattutto in merito alla sopravvivenza.”
Questo è un dato importantissimo perché oggi facendo diagnosi precoce e corretta, abbiamo la possibilità di cambiare davvero il destino di queste persone. Bisogna quindi lavorare in maniera coordinata sull’aspetto diagnostico perché questo aiuta a prevenire quelle forme più gravi di malattia dovute a un lungo decorsosilente della malattia. Peraltro queste nuove terapie, oltre ad essere particolarmente efficaci, sono molto ben tollerate e non hanno effetti collaterali, per cui possono essere utilizzate su un numerosempre maggiore di pazienti”.

