Il 25 settembre 1988, la mafia uccideva lungo il viadotto Grottarossa della strada statale 640 Agrigento-Caltanissetta il giudice Antonino Saetta, presidente della I sezione della Corte d’Assise d’Appello di Palermo, e il figlio Stefano. Il magistrato originario di Canicattì, aveva condotto importanti processi tra cui quello sulla strage di via Pipitone Federico, compiuta da Cosa nostra nel 1983 per colpire il giudice Rocco Chinnici. L’agguato scatto’ poco prima della mezzanotte. L’omicidio, come e’ stato accertato dagli inquirenti, sarebbe stato deciso dalla cupola mafiosa presieduta da Riina per punire il magistrato che aveva pesantemente condannato killer e mandanti di efferati omicidi e che era candidato a presiedere la corte d’appello del primo maxiprocesso alle cosche mafiose del palermitano.
Questa mattina a Canicattì è stata celebrata nella chiesa di San Diego, per iniziativa dell’amministrazione comunale, una funzione religiosa officiata da don Salvatore Casa’, poi al cimitero comunale si è svolto l’omaggio floreale alla tomba della famiglia Saetta. Presente alla cerimonia commemorativa il figlio del giudice Saetta, Roberto che ha dichiarato: “La città di Canicattì ha mantenuto il ricordo di mio padre, naturalmente negli anni il ricordo si va affievolendo, ma importante è il contributo che, tanto mio padre quanto il giudice Livatino, hanno dato nella crescita civile della società, nella lotta contro la mafia. Saetta, come gli altri magistrati uccisi dalla mafia, rappresentano non un modello di eroismo, ma il normale funzionamento degli uomini nella magistratura”. Nel pomeriggio il Procuratore Aggiunto Gaetano Paci della Dda di Reggio Calabria partecipera’ a un dibattito con il giornalista Salvo Palazzolo sulla situazione della magistratura.